Senza venire meno alla sua vocazione cittadina, La Fabbrichetta si presenta all’appuntamento elettorale europeo cercando di cogliere l’occasione per portare alla luce e fare esprimere non solo le realtà di bandiera, ma le persone, perché la regola proporzionale con le tre preferenze porterà l’elettorato ad esprimersi sui candidati all’interno degli schieramenti.
Da parte di chi vota c’è poca conoscenza dei parlamentari europei; in generale c’è una percezione della politica europea, come una complessa realtà burocratica, e anche per chi segue con attenzione la politica, è difficile avere una visione complessiva della politica europea. Di qui la prima domanda che ci sentiamo di porre a Francesco Ferrari, deputato europeo uscente del PD dopo una vita passata nella Coldiretti e nel Parlamento italiano, è: il singolo parlamentare in Europa può fare qualcosa oppure anche lì è difficile contare qualcosa ?
E subito dopo la seconda domanda, inevitabile visto il precedente ruolo nazionale rivestito dal nostro ospite: in Europa è ancora centrale la questione dell’agricoltura ?
L’organizzazione dell’Europa politica ha tre livelli: il consiglio, la commissione ed il parlamento. I ruoli e l’importanza di questi livelli cambia radicalmente con l’attuazione dell’accordo di Lisbona, per cui si dice normalmente che siamo nella fase del passaggio dall’Europa delle Nazioni all’Europa dei cittadini. Certo visto dall’Italia ed in particolare guardando all’azione del nostro governo e del Ministro per l’Europa Ronchi, siamo lontanissimi da questa trasformazione, di cui vengono respinti i 10 punti fondamentali. Un fatto è certo, parlando di questi tre livelli: la commissione, l’esecutivo europeo, produce moltissimo, poi tocca al parlamento decidere, prima con il lavoro in commissione sui progetti di direttiva e di regolamento, poi in aula. In commissione il lavoro del singolo deputato è determinante, anzi tutto per il meccanismo dei relatori: in commissione ogni gruppo ha un relatore “ombra”, che interagisce con il relatore principale di ogni disegno di legge. Questo dà un’opportunità straordinaria di incidere sul processo legislativo, anche più di quanto accada nel parlamento nazionale, almeno in Italia. Rispetto all’esperienza nazionale completamente diverso è il ruolo delle lobby, che agiscono alla luce del sole in difesa degli interessi delle categorie produttive e professionali, entrando in modo costruttivo nel processo decisionale. La trasparenza diventa determinante perché il loro lavoro sia un contributo positivo e non puro corporativismo. Per fare un esempio pratico, derivante dalla mia esperienza personale, nell’iter legislativo del progetto di legge sulla protezione dei pedoni e dei ciclisti, le case automobilistiche si sono mosse tutte, anche se con diverse posizioni: le case tedesche, che hanno standard di mercato meno rigidi e quindi meno protettivi per i consumatori, hanno cercato di porre freni, mentre costruttori italiani e francesi che hanno già standard di progetto e di prodotto che recepiscono le norme più avanzate per la protezione dei pedoni, hanno collaborato con la commissione parlamentare nel definire le norme europee. Poi alla fine c’è stato un compromesso politico, che si è concretizzato nell’allungare i tempi per l’entrata in vigore definitivo dei disciplinari normativi di produzione, il che consente a italiani e francesi di manetener eil loro vantaggio competitivo, senza mettere fuori mercato i tedeschi. Il vero vantaggio di tutto questo sarà però per i cittadini, perché è stato calcolato da uno studio neutrale universitario, che le nuove norme porteranno ad una diminuzione del 35% della mortalità negli incidenti stradali che coinvolgono pedoni e ciclisti.
Perché tutto questo si realizzi condizione necessaria è però la presenza costante dei deputati alle sedute della commissione e dell’aula, per poter opportunamente valutare i pareri delle varie lobby, e poi per realizzare quei compromessi che sono l’essenza di ogni sintesi politica. Con l’entrata in vigore delgi accordi di Lisbona poi, la commissione europea dovrà coinvolgere in maniera crescente il parlamento. Sarà necessaria coesione a livello di politica estera ed economia per realizzare concretamente la libertà di movimento dei cittadini entro norme comuni in tutta Europa.
Per quanto riguarda l’agricoltura, storicamente si tratta di uno dei settori chiave dell’integrazione comunitaria, anche se oggi la percentuale più importante dei finanziamenti comunitari effettivamente erogati all’Italia si è spostata verso altri settori, come quello di trasporti e comunicazioni. Questo deriva non solo dalla crescente importanza di questi altri settori, ma anche dalla presenza più costante dei deputati italiani nelle commissioni: in Commissione trasporti Paolo Costa ed il sottoscritto hanno lavorato di conserva con tutti i governi per la realizzazione dei corridoi di comunicazione, mentre nello stesso periodo i finanziamenti al’agricoltura italiana sono calati dal 60 al 38% del finanziato complessivo. Con questo si è comunque arrivati, grazie ad una positiva interazione con le Regioni, a destinare direttamente importanti contributi alle politiche infrastrutturali, alle politiche agricole ed al sostegno all’occupazione, e solo per fare un esempio solo per la Lombardia sono stati recentemente stanziati per queste voci 600 milioni di euro da qui al 2013.
Questi risultati sono diretta conseguenza anche di quanto si diceva a proposito dell’importanza del lavoro del singolo deputato, in quanto ogni membro del parlamento europeo partecipa ai lavori di due commissioni, in una come titolare, nell’altra come supplente. In questo modo un deputato che sia sempre presente in ambedue le funzioni, ha una capacità di condizionamento importante, perché può riuscire a fare mediazioni con le altre forze politiche giocando su più tavoli.
Lavorando in questo modo è stato possibile ottenere il risultato di cui si diceva per la normativa sulla protezione dei pedoni, ed a sostenere i finanziamenti all’agricoltura italiana, che poi non avrà tutto il risultato ottenuto a causa della scelta del Ministro Zaia di utilizzare ad esempio in un’unica soluzione il finanziamento triennale per le quote latte, per ottenere risultati immediati, che però saranno deludenti nel medio termine.
Parlando poi di agricoltura la grande opportunità che l’Europa offre alla produzione italiana è la difesa dei prodotti di qualità: su produzioni come quella del parmigiano, il sostegno dei prezzi a livello europeo è determinante per supportare la politica di difesa della qualità della produzione nazionale contro i surrogati. Per realizzare questa protezione è però necessaria una presenza costante che eviti i colpi di mano dei sostenitori delle produzioni di massa a scarsa qualità, esattamente come abbiamo fatto nel 2008, quando con un colpo di mano a fine legislatura, con la commissione del senato concentrata sulla campagna elettorale, siamo riusciti a ottenere la proroga del decreto del 2001 su qualità, prodotti tipici ed etichettatura.
In definitiva il parlamentare europeo deve con una presenza costante, riuscire a fare conciliare gli interessi del consumatore europeo con quelli della produzione nazionale.
DOMANDE E RISPOSTE
1) Come interagiscono norme europee e norme nazionali ?
A livello italiano la produzione normativa è ormai quasi per 80% attuativa di normativa europea. Se si prende ad esempio un settore come la zootecnia in Italia la normativa è di competenza regionale: quando a livello comunitario è stata fatta una normativa sull’uso dei nitrati negli allevamenti, in Italia ci sono state 20 diverse applicazioni a livello regionale della normativa comunitaria. Questo ha finito con l’aumentare il distacco delle regioni avanzate in questo settore, come la Lombardia che è una delle quattro regioni chiave, un vero motore a livello europeo, rispetto ad altre regioni italiane. Questo avviene anche in altri paesi , basti pensare alla Spagna dove la Catalogna ha la stessa funzione della Lombardia, ma per l’Italia poi pesa anche una certa divisione della rappresentanza parlamentare, che a livello europeo resta fortemente divisa.
2) Posto che la reputazione europea dell’Italia è vicina allo zero, ci sono vere prospettive di sviluppo dell’unione europea, oppure tutto resterà delimitato entro schemi che finiscono per penalizzare la specifica situazione italiana ?
Personalmente sono fiducioso, ma è necessario fare un lavoro di sintesi. Torniamo agli esempi concreti: quando nel passato abbiamo permesso ai francesi di zuccherare il vino, abbiamo rinunciato a difendere i nostri interessi, visto che da noi quelle operazioni non erano necessarie. Sarebbe bastato imporre l’indicazione del tipo di utilizzo degli zuccheri sulle etichette dei prodotti, per difendere la nostra produzione di qualità che avrebbe potuto confrontarsi con la produzione di qualità francese, eche invece deve difendersi dalla concorrenza di bassa qualità. In generale ci siamo accontentati di contropartite sul breve periodo, perdendo però tutte le battaglie strategiche. Altrettanto per le politiche sulle carni suine e sui frantoi.
E poi abbiamo del tutto rinunciato alle politiche di controllo dei prezzi: sui mercati esteri la nostra produzione di qualità viene strapagata a tutto vantaggio degli importatori. Basta controllare il livello dei prezzi del parmigiano nelle nostre città e nelle principali capitali europee.
Il nostro governo è stato assente in tutte queste battaglie, confermando il detto bresciano secondo cui “a andà se lecca, e a stà se secca”.
3) Da tutto questo esce anche un quadro desolante dell’informazione sulla politica europea: di tutto questo in Italia non si parla.
Giornali e TV parlano poco di Europa. I nostri ministri, Ronchi in testa, sono isolazionisti e in generale euro-scettici, e quindi abbiamo poi politiche italiane come quella di boicottare i 10 punti di Lisbona, l’uso parziale dei finanziamenti, i supporti privi di controllo al sistema bancario e finanziario a scapito del sistema produttivo. Al venir meno della protezione statale non corrisponde una maggiore protezione europea.
4) Come si vede da Strasburgo la questione dell’adesione della Turchia alla UE ?
Secondo me l’Europa arriverà a 40: quando riusciranno a dare adeguate garanzie su diritti umani, libertà civili e regole di reciprocità, anche Russia e Turchia entreranno. Certo sarà un processo lungo, ma la direzione è quella, anche perché a livello strategico, dopo che è venuto meno il bipolarismo militare fra USA e Russia, l’Europa ha un ruolo solo se unita.
Oltre che lungo non può che essere un processo progressivo: il completo recepimento degli accordi di Lisbona sarà determinante, e poi conterà la flessibilità con i nuovi membri. Un esempio c’è stato recentemente con le misure anti crisi a favore delle nazioni più deboli dell’Est europeo. Che ci devono fare ricordare che anche l’Italia in tempi non così lontani ha tirato la cinghia per rispettare i criteri comunitari.
5) Come si concilia la responsabilità planetaria dell’Europa unita, con il rapporto demografico sbilanciato rispetto al terzo mondo ?
Anche questa questione va inquadrata in una prospettiva storica di lungo periodo, guardando al passato per capire il presente ed orientare il futuro. L’Europa come la conosciamo oggi, nasce dalla Comunità del carbone e dell’acciaio. Dove sono oggi il carbone e l’acciaio: esiste un monopolio, ma con un sistema di regole che sono la conseguenza diretta dell’esperienza comunitaria. L’esistenza delle strutture comunitarie ha permesso di controllare l’evoluzione di un settore una volta determinante, oggi solo importante, evitando che diventasse un sistema a scapito dei cittadini.
Altrettanto dobbiamo fare per guardare in prospettiva futura. Pensiamo ad esempio alla cruciale questione degli organismo geneticamente modificati: la scienza non dà certezze oggi, forse le darà fra vent’anni sulle conseguenze dell’uso di questi prodotti in agricoltura. Il ruolo dell’Europa è di governare questa evoluzione con regole che garantiscano risultati vantaggiosi per i cittadini ed un quadro di mercato controllato, senza distorsioni.
In questo modo l’Europa può proporsi anche riferimento a livello planetario.