Introduzione
Piervito Antoniazzi
A sinistra storicamente c’è una posizione di chiusura verso la Lega, e verso molte delle sue posizioni, ma l’invito a Giancarlo Paglierini, uno dei padri del fenomeno leghista, avviene ancora una volta nella logica della Fabbrichetta, che è quella di mettere mano alla scatola degli attrezzi della politica. Infatti molte delle posizioni assunte nel tempo da Paglierini, politiche e di contenuto, ultima quella recentissima sulla governance delle aziende municipalizzate, hanno il segno di una politica che si interessa ai servizi resi ai cittadini, non dal punto di vista del detentore del monopolio, ma da quello del fruitore del servizio. Gli interessi pubblici e quelli degli utenti sono sempre meno tutelati. Forse i consigli di sorveglianza possono creare istanze di controllo da parte degli utenti, ancorché il nostro movimento comsumerista sia ancora complessivamente debole. Da un punto di vista più propriamente politico, l’uscita di Giancarlo Paglierini dalla Lega, fa sorgere spontaneo l’interrogativo sul destino del percorso che la Lega sta compiendo da vent’anni in qua.
GIANCARLO PAGLIARINI
Consigliere Comunale a Milano Revisore dei Conti
Raccolgo la domanda e la sfida, riproponendo la domanda e la sfida a questo proposito, che era e resta quella di quindici o venti anni fa: come si fa a non votare Lega ? E questo a prescindere dai toni recentemente assunti da troppe manifestazioni della Lega, o dall’appiattimento sulle posizioni di Forza Italia e del suo leader. Il punto è che le motivazioni sulle quali la Lega è nata sono ancora là, intatte e oggettivamente descritte dai numeri del nostro stato e della nostra economia. Infatti l’eccesso del fenomeno che viene riassunto con il termine “assistenzialismo” impedisce una normale dinamica economica alle imprese, in particolare limitando gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle nostre imprese, indirizzando risorse dove non sono produttive di reddito. tre tabelle di dati ISTAT – anzitutto la pressione fiscale, che al 50,57 % reale toglie respiro ma soprattutto competitività alle imprese: le imprese irlandesi con una pressione al 32% o quelle inglesi al 37,8% sono evidentemente avvantaggiate;
PIL Pressione Ufficiale % “nero” meno 20% reale PIL 1.417.241 100,0% 20% 1.133.793 100,00% Tasse 390.911 27,6% 390.911 34,48% Contributi sociali 182.416 12,9% 182.416 16,09% 573.327 40,45% 573.327 50,57% è da notare che il dato ufficiale comprende anche il lavoro “nero”, che è parte integrante del nostro PIL (pochi oggi ricordano che fu una decisione del governo Craxi di integrarlo, mai cancellata dai successivi governi) – il secondo dato riguarda il costo della pubblica amministrazione che nel suo insieme è insopportabile, perché nel suo insieme costa più delle entrate dello stato Biancio consolidato di tutte le PA. 2005 Miliardi % di euro incassi Tutte le tasse (390.911) e tutti gli altri incassi 446,7 100,% Costo del lavoro dei dipendenti delle PA (155,5) (34,8%) Tutte le altre spese (225,5) (50,5%)
Soldi che crescono ma non sono sufficienti per “toppare” i due buchi 65,7 14,7% Contributi sociali 182,4 40,8% Costo della previdenza e dell’assistenza (241,7) (54,1%) “Buco” previdenziale (59,3) (13,3%) Piccolo surplus primario 6,4 1,4% Interessi passivi (64,5) (14,4%) Deficit del 2005 (58,1) (13,%) Detto in breve, da questa tabella appare chiaramente che le aziende non hanno soldi da investire perché con i proventi delle tasse viene pagato il buco previdenziale. – infine le nostre 100 e passa tasse, delle quali le prime 10 rappresentano il 90% del gettito fiscale complessivo, il che indica che il problema non sta nelle troppe tasse, ma nel sistema in sé 1 IRPEF 140.759 36,0% 2 IVA 83.152 21,3% 3 IRAP 34.587 8,8% 4 IRPEG 29.965 7,7% 5 Imposta sugli oli minerali e derivati 23.809 6,1% 6 ICI 11.600 3,0%
7 Tabacchi 8.971 2,3% 8 Ritenute sugli interessi e su altri redditi da capitale 6.903 1,8% 9 Lotto e lotterie 5.536 1,4% 10 Imposta di registro 4.957 1,3% 350.239 89,6% Tutte le altre tasse 40.672 10,4% Totale tasse 390.911 100,0% Altri soldi incassati dalle Pubbliche Amministrazioni 55.791 Totale 446.702 E sia chiaro, tanto per smentire un luogo comune sulle posizioni economiche leghiste e federaliste, che in tutto questo l’arrivo dell’euro è stato molto positivo per noi, come dimostra l’andamento del debito pubblico e degli interessi passivi che ne derivano, prima e dopo l’avvento dell’euro: 1990: debito pubblico e costo degli interessi passivi 663 100% 72,0 2005: debito pubblico e costo degli interessi passivi 1.508 227% 64,5 Il vero nodo quindi sta nell’intreccio fra una pressione fiscale alta ma che redistribuisce in termini di assistenzialismo, ed un buco previdenziale, che da un lato corre veloce, ma soprattutto corre in modo ineguale fra diverse Regioni, anche per diverse situazioni rispetto all’evasione (false pensioni, lavoro nero etc), come dimostrato dalla tabella che segue,
Contributi sociali, previdenza e assistenza Versati dai datori di lavoro 128850 Versati dai lavoratori 52976 Altri 590 Soldi che entrano 182416 Pensioni 222369 Assistenza 19323 Soldi che escono 241692 “Buco” finanziato con le tasse (59.276) Lombardia 2.625 Veneto 453 Tutte le altre Regioni (62.354) (59.276) Oltre alla necessità di chiudere questo buco, c’è anche la necessità di avviare un vero federalismo, che non è una minaccia razzista, ma solo la necessità economica che le regioni che spendono più di quello che hanno (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Piemonte), non facciano ricorso alla cassa “comune” dello Stato, ma intraprendano una strada, che magari durerà altri venti anni, ma che alla fine le riporti ad un equilibrio fra entrate e spesa.
Siamo arrivati al centro della questione, il federalismo, ma a proposito di spesa previdenziale è necessaria una parentesi: non si tratta solo di chiudere un buco enorme esistente, ma di evitare che diventi una voragine tale da affossare del tutto la nostra economia: infatti il nostro sistema previdenziale, concepito negli anni cinquanta e nato vecchio, non regge al progresso demografico ed all’invecchiamento della nostra popolazione, dato dalle migliorate condizioni di vita. Il dato fornito da Wim Kok, sindacalista ed ex premier olandese, nel suo “Rapporto sullo stato di avanzamento della strategia di Lisbona”, non lascia spazio a discussioni: “Old age dependency ratio” Oggi 2050 Italia 29% 61% U.K. 24% 42% E.U. 26% 49% Il nostro sistema previdenziale così com’era, fondato sull’accantonamento da parte di chi lavora per pagare chi è in pensione, è destinato a saltare, perché non può essere finanziato da una minoranza di persone attive rispetto ad una larga maggioranza di pensionati. A causa di queste situazioni stiamo perdendo posizioni ogni anno nelle classifiche che riguardano la competitività e le libertà economiche. Dall’estero gli investimenti in Italia sono quasi azzerati, e siamo sempre più poveri, con un PIL pro capite a 27.700 dollari l’anno, economia sommersa inclusa, che ci fa scendere al 30° posto nel mondo, mentre solo pochi anni fa eravamo fra i primi 10. Il federalismo quindi è una necessità assoluta, perché è l’unico sistema che può permettere:
– redistribuzione corretta del gestito fiscale – riduzione vera dell’evasione – maggior controllo della spesa pubblica – inversione del flusso: non più “cittadini > centro > periferia”, ma “cittadini > periferia > centro” Certo il federalismo per essere tale deve poggiare su presupposti molto forti, anche dal punto di vista politico, che consentano di avere regole di autonomia sostanziali: senza voler prendere a modello i nostri vicini della Confederazione Svizzera, il paragone può essere fatto con la Spagna e con il livello di autonomia della “Generalitat de Cataluna”. Il modello catalano si basa su alcuni principi che lo rendono interessante: – Competenze esclusive e competenze concorrenti, esistono così come nella nostra Costituzione aggiornata, ma in Catalogna le competenze esclusive sono tantissime, altro che la nostra “devolution” e le competenze concorrenti funzionano veramente. Per limitarci ad alcuni esempi, oltre a materie tipiche della competenza locale come agricoltura, trasporto e sicurezza pubblica, ci sono anche competenze delicate e decisive, come quelle sulle casse di risparmio, la borsa, i brevetti, il sistema giuridico locale che incidono in modo profondo sulla vita delle imprese e dei cittadini. Ed anche materie importanti per le sensibilità locali, come l’immigrazione, l’organizzazione e le responsabilità delle pubbliche amministrazioni o l’amministrazione penitenziaria. – Rapporti chiari con la Stato centrale: esiste una Commissione mista Stato-Generalitat per gli affari economici e fiscali. E’ un organo bilaterale con presidenza attribuita a rotazione, decide la percentuale dei tributi statali che vengono ceduti parzialmente dallo Stato alla Catalogna ed i contributi propri della Catalogna. ai meccanismi di solidarietà e perequazione. Inoltre calcola il costo dei servizi che lo Stato dà alla regione autonoma. – Autonomia delle entrate: la Generalitat dispone di finanze autonome per far fronte ai compiti del suo autogoverno. In questo modo le entrate tributarie proprie, si sommano a quelle cedute dalle Stato interamente o parzialmente (compartecipazioni) dallo Stato. – Meccanismo di solidarietà: per gli interventi statali di solidarietà per istruzione, sanità e altri servizi sociali essenziali la Catalogna partecipa “siempre y cuando lleven a cabo un esfuerzo fiscal tambien similar”
Trasparenza! E’ quello che serve qui da noi. Art 206 comma 4: ” i meccanismi di perequazione e solidarietà si realizzano nel rispetto del principio della trasparenza”. In Italia, con poche eccezioni, di trasparenza non parla mai nessuno. In Spagna i cittadini hanno capito che la trasparenza è la chiave per l’efficienza e per togliere potere ai tanti che ne fanno un pessimo uso. In Italia si può fare qualcosa, senza pretendere di fare tutto e subito; si può pensare ad alcune fasi successive: 1. passare dal federalismo fiscale al federalismo fiscale e contributivo 2. eliminare le Province, fonti di spreco e di ulteriore sovrapposizione delle competenze 3. Lavorare sull’Articolo 117 della Costituzione: lo Stato deve fissare i principi fondamentali relativi al lungo elenco di “sovranità concorrenti”. “Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato” Identificare i compiti di Regioni e Comuni. Valorizzarli pro-capite con costi standard. Il risultato (numero dei residenti moltiplicato per i vari costi standard) viene finanziato, in ogni singola Regione, con la compartecipazione ad un tributo erariale. Partendo da questi contenuti e con questi obbiettivi la riforma federale dello stato si può fare.
INTERVENTI DELLA FABBRICHETTA
Interventi di Piervito Antoniazzi. Luca Beltrami Gadola Agostino Fornaroli Francesco Florulli.
A proposito del problema previdenziale – demografico, come affrontare la questione dell’espulsione dei cinquantenni dal mondo del lavoro, che contraddice il meccanismo descritto ?
R – “Il fenomeno è complesso e riguarda prima di tutto le aziende, ma dobbiamo anche chiederci di fronte al turn over per età perché questo fenomeno avviene in Italia e non in Germania o in Inghilterra. Ci sono probabilmente anche fattori strutturali.
D – Cosa pensa delle diverse risultanze del poco di federalismo che abbiamo, in Valle d’Aosta o nelle Province autonome di Trento e Bolzano ?
R – Effettivamente i risultati sono contraddittori, ma dipende dalle situazioni locali integrate in un sistema che non funziona.
D – Una domanda politica: quale futuro per la Lega?
R – “Il mio metro di valutazione è quello della utilità concreta per il sistema paese, e devo dire che purtroppo oggi come oggi non vedo nessun futuro. Oggi la Lega è, come dire, “un’altra cosa”. Per le elezioni politiche di Aprile 06 ha accettato il programma elettorale della CDL nel quale
1) nella sezione “Fisco” non c’era nessun riferimento al federalismo fiscale.
2) nella sezione intitolata “SUD Piano decennale straordinario per il superamento della questione meridionale” si prevedeva un “Federalismo fiscale solidale e misure di fiscalità di sviluppo (compensativa) a favore delle aree svantaggiate”.
Questo vuol dire che se la CDL avesse vinto le elezioni avremmo dovuto trasferire ancora più quattrini dalle nostre Regioni a quelle del Mezzogiorno e vi ho già detto che questo significa minori investimenti in ricerca, sviluppo, nuove tecnologie e nuovi prodotti. In sintesi meno competitività, meno investimenti, meno lavoro e più povertà. Se la gente fa fatica ad arrivare alla fine del mese la colpa non è certo dell’Euro ma dell’enorme assistenzialismo che ci rende ogni giorno meno competitivi.
Infine 3) nella sezione intitolata “Finanza pubblica” il programma della CDL prevedeva di ridurre il debito dello Stato tramite la vendita di patrimonio pubblico, che per la maggior parte non è di proprietà dello Stato ma è proprietà delle nostre Regioni e dei nostri Comuni. Quando ho letto quel testo non potevo credere ai miei occhi.
Così come faccio ancora oggi molta fatica a credere a certe dichiarazioni di Gianpiero Fiorani es. amministratore della Banca Popolare di Lodi, dalle quali sembra che la Lega abbia “venduto” il suo voto a favore di Fazio durante la discussione della legge sul risparmio. Ho chiesto spiegazioni, ho aspettato con pazienza i congressi ma di fronte al silenzio non ho potuto fare altro che andarmene. Senza sbattere la porta perché per Bossi sento ancora affetto, ma è certo che per la Lega di oggi non riesco a vedere un futuro. Naturalmente spero che torni ad essere quella di una volta: liberista e seriamente impegnata per una riforma federale di cui il paese ha sempre più bisogno ogni giorno che passa.”