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La Fabbrichetta

laboratorio politico aperto

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C’E’ QUALCOSA DI NUOVO NELL’ARIA L’inquinamento a Milano

September 30, 2015 By admin

Ennio Rota
Vice Presidente Legambiente Lombardia

La Fabbrichetta ha cercato nei suoi percorsi di analisi della realtà milanese, di evitare i luoghi comuni e gli argomenti troppo evidenti e dibattuti. Ma non è possibile esimersi da una valutazione dell’inquinamento dell’aria che respiriamo. Lo facciamo con un osservatore privilegiato, Ennio Rota, medico, dirigente della Regione Lombardia e vice presidente di Legambiente.
Partiamo dall’oggi: perché un’aria così brutta e perché in gennaio ? E’ ovvia l’osservazione che con il freddo tipico di questa stagione aumenta il ricorso al riscaldamento, e persino le auto sono meno efficienti, come chiunque può constatare controllando i propri consumi, e quindi consumano di più. La situazione meteorologica ha fattori anche più sottili: fa più freddo al livello del mare, mentre in quota la temperatura è più alta. Basta una differenza di 1° sopra le nostre teste per rendere difficile il ricambio dell’aria, e quando la quota di inversione termica è più bassa l’aria fredda resta schiacciata anche dall’aumento della pressione dell’aria, gli inquinanti sono più stabili e l’inquinamento la fa da padrone. I venti dell’est arrivano meno in questa stagione, e anche le perturbazioni sono limitate così niente libera l’aria.
La rete di monitoraggio esistente permette di dire che tutti gli inquinanti controllati sono statisticamente in discesa, eccetto l’ozono, che rappresenta un problema prettamente estivo, in quanto scatenato dal sole.
I dati lombardi sono analoghi a quelli del resto della pianura padana, dove in termini di media mensile dei dati rilevati in gennaio storicamente, la concentrazione dell’ossido di carbonio si è ridotta così come si è ridotta, anche se in modo meno sensibile, quella dell’ossido di azoto. Il biossido di zolfo (prodotto da gasolio e carbone) dalla seconda metà degli anni ’50, quando ancora era prevalente l’uso del carbone per il riscaldamento domestico, è diminuito del 1.100%, e tuttavia è ancora una componente dell’inquinamento attuale.
Le polveri sono diminuite in generale, ma va considerato che il PM10 è monitorato solo dal 1997, e sappiamo che questo rappresenta 80% delle polveri totali. E’ in calo il benzene che dal 1994 ad oggi si è ridotto di quasi il 400%.
La ragione di questa situazioni non ha una spiegazione unica, ma deriva da diversi fattori: la metanizzazione ha ridotto drasticamente l’uso di carbone, esattamente come a Londra si eliminò lo “smog” all’inizio degli anni ’50 dopo la proibizione dell’uso del carbone.
In termini statistici è ormai assodato che ad un picco di inquinamento corrisponde un picco di ricoveri ospedalieri ed un correlato aumento del tasso di mortalità.
C’è una corrispondenza sicura fra il traffico, specialmente pesante, e picchi di IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) . I veicoli diesel sembrano i maggiori responsabili dell’inquinamento da traffico, ma in realtà il PM10 trova origine da diverse fonti. Le emissioni primarie di PM10 sono quelle più evidenti, ma visto che primarie sono quelle prodotte direttamente dalla combustione e che possono essere bloccate dai filtri, mentre hanno importanza anche quelle secondarie, ovvero date dai gas di scarico. Ora più è alta la concentrazione di PM10, più è importante la quota di emissioni secondarie. Per questo il blocco temporaneo del traffico colpisce direttamente il primario che in un giorno si riduce anche del 30%, ma influisce solo in tempi più lungi sulle emissioni secondarie. In questo senso il blocco non ha ovviamente un effetto risolutivo, ma costituisce un contributo rilevante alla riduzione degli effetti dell’inquinamento. Le fonti di PM10 primario per importanza di quota vengono stimate dalle Agenzie Regionali per l’ambiente secondo INEMAR, la speciale struttura che in base al bollettino petrolifero che rileva con certezza i consumi di benzina, consente di calcolare con modelli matematici i fattori di emissione:
a) primario: diesel 32%; legna 32%; altre fonti 20%
b) secondario: 50% traffico
Non deve stupire il dato relativo alla legna, che se quasi scomparsa dalle grandi aree urbane come combustibile da riscaldamento, ha trovato nuovamente largo uso nelle zone montane e pre alpine grazie alla diffusione delle stufe ad alto rendimento.
Il traffico resta un elemento decisivo, su cui molto si sta facendo con il miglioramento delle tecnologie, basti pensare alla progressiva del fattore di emissione per km percorso, che per un’auto “euro 4” è ridotta a 0,8 per km, mentre per un motore diesel tradizionale arriva a 30 per km, in termini di PM10 ma anche di biossido di azoto.
Purtroppo l’incremento delle immatricolazioni di vetture diesel ha compensato in negativo i miglioramenti raggiunti sui motori a benzina. Di qui la polemica sulla richiesta di introduzione del filtro anti particolato, sul quale è in corso un vero braccio di ferro fra costruttori e governo, con i primi che sono disposti all’introduzione, ma a patto di significativi contributi governativi per l’adeguamento degli impianti produttivi. Si tratta peraltro di un elemento importante ma non conclusivo, se si considera che i filtri abbattono il PM10 ma non IPA e tutti gli altri inquinanti.
Va detto che la riduzione di polveri da traffico non è possibile al 100%, ma va ridotta tendenzialmente, considerando che se è vero che l’indice di produzione di polveri per tipo di veicolo è quella che segue (in mg per km percorso):
– euro 0 sotto 3,5 ton 198
– euro 0 gasolio sopra 3,5 ton 571
– auto euro 4 benzina 0,8
– mezzo ATM con retro fit 150
– motociclo 4 tempi euro 1 15
il puro attrito produce 0,8 mg per km di polveri, e in qualche misura questo è ineliminabile, visto che avviene anche per una bicicletta.
Preoccupa poi la considerazione che una quota del PM10 secondario sia composta da ammoniaca, il che si spiega probabilmente con la presenza di tale elemento in agricoltura nei fertilizzanti usati nelle campagne. Si tratta quindi di un fattore sul quale risulta particolarmente difficile impegnativo intervenire, vista la lunghezza della catena che lo produce. La conseguenza è che solo in Lombardia, rispetto a Milano ed al suo traffico che hanno 116 come indice di PM10, Lodi ha indice 133, e Cremona 113.
La Lombardia presenta quindi una situazione complessa e sfavorevole, con condizioni meteo sfavorevoli, al pari delle regioni più colpite d’Euorpa come la Ruhr in Germania, per motivi simili ai nostri. Esistono però anche situazioni come quella del Belgio, la cui alta concentrazione di PM10 viene attribuita con certezza per la presenza di un alto livello di cadmio, a polveri portate dai venti dell’est, in particolare dalla Polonia. Altrettanto dicasi per la concentrazione registrata in Spagna di polveri provenienti dal Sahara. Purtroppo il PM10 delle nostre regioni è tutto nostro, e per questo in sede comunitaria saremo sanzionati, con circa 500 milioni annui di mancati trasferimenti da UE, per il supermento permanente dei livelli ammessi di concentrazione di PM10.
Ci sono strumenti per fare interventi strategici, che però possono essere solo il frutto di scelte politiche coraggiose: la decisione di questi giorni a livello di governo nazionale di bruciare olio combustibile per compensare il molto reclamizzato mancato apporto del gas russo, ci riporta indietro di vent’anni. Questa decisione non è giustificata dalla situazione attuale, alla fine di un pur rigido inverno, ma è direttamente funzionale alla difesa di interessi petroliferi ed automobilistici.
Altrettanto strategica e frutto di mancanza di coraggio politico, è la scelta di continuare a puntare sulle autostrade per lo sviluppo della mobilità, invece di progettare nuove e più efficienti linee ferroviarie, come è il caso dei due progetti lombardi di cui si parla da anni.
Concludendo:
– c’è un trend positivo nel lungo periodo, ma con singoli picchi negativi stagionali
– la colpa è del sistema nel suo complesso, con responsabilità diffuse ad ogni livello istituzionale e decisionale
– serve una maggiore organicità degli interventi perchè c’è un livello di complessità ed interdipendenza tale che ogni azione va coordinata e graduata con attenzione
– serve una svolta nella produzione di energia: turbogas, eolico, solare, fotovoltaico, sono tutte realtà che permettono importanti risparmi, ma ad oggi sotto utilizzate, anche perché pur in presenza di importanti risparmi di sistema, gli incentivi (ad esempio 300 megawatt di credito nel conto energico per l’uso di queste formule) sono ancora più limitati delle risorse naturali disponibili; l’ultimo esempio è dato dalla Finanziaria che ha eliminato la possibilità di dare contributi a privati in materia di risparmio energetico, tagliando tutto lo sviluppo possibile all’utilizzo di energie alternative in ambito privato

Si deve insistere nell’adozione di piccoli ma costanti e precisi interventi tesi ad ottenere risultati a lunga scadenza, anche se si deve dare per scontato che gli effetti non saranno lineari, perché ad ogni azione spesso corrisponde una reazione inattesa, non ostante il perfezionamento dei metodi matematici utilizzati.

Il saldo di chiusura dei centri urbani al traffico è solo parzialmente positivo, perché pur con qualche risultato al centro, la congestione nelle aree periferiche compensa in negativo. L’effetto più importante anche se minimo e di lunghissimo periodo, sta nella scoperta dell’uso dei mezzi pubblici o comunque di mezzi alternativi all’auto, il cui uso si riduce a lungo termine.

L’uso del bio diesel ha un senso limitato e non un impatto di sistema , visto il suo impatto ridotto per la possibilità di produzione limitata per legge, e perché il ciclo industriale di tale combustibile ha un costo analogo a quello del diesel tradizionale, ma risulta favorito dagli sgravi fiscali. L’adozione da parte dei mezzi dell’Azienda Tranviaria si è accompagnata all’adozione dei filtri anti particolato sui mezzi, ma purtroppo l’esempio non è stato seguito dalle altre amministrazioni pubbliche che incidono sul nostro territorio.

Il problema dell’inquinamento da traffico sta anche nei fattori esterni, per i quali esistono molti tentativi di analisi.
A livello di sistema la fine del modello della fabbrica fordista, e l’adozione del sistema Toyota del “just in time”, ha fatto sì che nell’odierno sistema produttivo l’industria non produca più per il magazzino, ma per la consegna immediata. Grazie al contemporaneo sviluppo dei sistemi di gestione dell’informazione, che hanno fatto nascere la logistica come sistema di gestione e controllo del movimento merci, questo si è tradotto in un enorme aumento di traffico di piccoli veicoli commerciali, spesso diesel, per le consegne rapide.

A livello strettamente politico, leggendo il primo documento del candidato sindaco del centro – destra, non può non risaltare il fatto che i primi 10 “progetti” siano di tema, ambito e persino linguaggio ambientalista. Forse c’è un pericolo di confusione delle identità su questi temi, ma è certo che senza una politica di scelte radicali e coraggiose, la sinistra non sarà più riconoscibile come tale neanche sulle tematiche ambientaliste, sulle quali riesce a sembrare più radicale ed innovatrice l’amministrazione Formigoni.

Filed Under: incontri Tagged With: la fabbrichetta, milano, politica

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